In Italia la diffusione della pandemia di Covid-19 ha messo in luce alcuni problemi irrisolti inerenti al sistema carcerario. Tra questi, particolare attenzione merita il complesso bilanciamento tra le esigenze di sicurezza e la tutela del diritto alla salute del detenuto. I detenuti, infatti, costituiscono un gruppo particolarmente vulnerabile alla diffusione di una malattia infettiva, sia perché presentano un livello di salute mediamente inferiore a quello della popolazione generale, sia perché vivono costretti in ambienti angusti, sovraffollati, scarsamente areati, in cui osservare le generali norme igieniche non è sempre possibile. Per questi motivi, durante l’emergenza pandemica in atto potrebbe risultare ancor più difficile tutelare concretamente il diritto alla salute di questa porzione di popolazione. Al fine di ridurre la diffusione dell’infezione nel fragile contesto carcerario, in Italia sono state adottate alcune misure restrittive, che possono ledere, in parte, i diritti dei cittadini detenuti. Tali misure, che comprendono la sospensione dei colloqui con familiari nonché di tutte le attività esterne, che possono contribuire a favorire la contaminazione dell’ambiente detentivo, hanno provocato violente rivolte negli Istituti Penitenziari durante il mese di marzo 2020. Placate le rivolte, restano da risolvere i numerosi interrogativi riguardanti le strategie da perseguire per far sì che i detenuti, pur privati della libertà personale, non si vedano ridotti a numeri privi di scopo e di dignità. Gli Autori nel presente testo analizzano gli aspetti etici concernenti la prevenzione della diffusione dell’agente infettivo negli Istituti Penitenziari, la tutela del diritto all’autodeterminazione del detenuto eventualmente risultato affetto da Covid-19, nonché gli effetti detrimenti esercitati dall’emergenza pandemica sui disposti rieducativi e riabilitativi della pena detentiva.